150 anni fa l'unità d'Italia - Cooperativa di Biumo e Belforte

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150 anni fa l'unità d'Italia

"da dove veniamo"
1859:L'Unità d'Italia passa per Belforte

Marzo 2011.   Difficile, oggi, guardando quest'arteria periferica così trafficata, per la sua funzione di collegamento con Como e con la Svizzera, raffigurarsi un vialone di campagna, costellato da rari insediamenti. Il viale Belforte inizia nella zona di Biumo Inferiore, teatro della battaglia tra Garibaldi e l'austriaco Urban, e conduce alla valle fluviale, là dove l'Olona riceve le acque del Vellone.


Dove si svolse la battaglia di Biumo, oggi confluiscono auto, moto, autobus che si fermano, se il semaforo è rosso, proprio davanti al monumento a Garibaldi, in uno slargo invaso dalle corsie degli automezzi. Pochi metri più in là, sulla facciata di un moderno palazzotto nelle cui vetrine troneggiano automobili, è affissa una targa che segnala il punto da dove, alle spalle dell'antica casa Merini, oggi scomparsa, Garibaldi fece indietreggiare il temibile (e terribile) Karl Von Urban.
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Maggio 1859. Il viale Belforte di oggi era un lungo percorso sterrato che si chiamava Strada Nazionale, dal centro di Biumo Inferiore attraversava campi di grano e granoturco, prati, e boschi di robinie e di gelsi, zone boschive di sterpaglie incolte, il cosiddetto "boscasc". Costeggiava il Castello di Belforte, proprietà dei Conti Biumi, raggiungeva, allora come ora, la valle dell'Olona, per poi accompagnare i viaggiatori verso Como. Nel catasto teresiano e in quello del 1861 risultano denominati solo due grandi cascinali, il primo affacciato sulla via principale, chiamato Cascina Giunta (il nome stava per "aggiunta" alla proprietà del Castello), all'altezza della prima curva, ma sulle mappe segnato come Cassina Gione; l'altro, la Cascina Campaccio, lontana dalla strada principale ma posizionata lungo il percorso alternativo per Como. Questa deviazione, ancora esistente, lascia la via nazionale, si insinua nella boscaglia che scende sulle rive dell'Olona, e, dopo giri ripidi e sinuosi, oltrepassa il ponte spagnolo, raggiunge la val Sorda e poi Cantello e Rodero.  E' in questa striscia di terra varesina che ambientiamo la nostra storia, che è, purtroppo, una vicenda vera.

Maggio 1859. La panoramica aperta sul massiccio del Campo dei Fiori, con il profilo del Monte Monarco, della Martica, del Poncione di Ganna, appoggiati sul verde della vegetazione, intenso dopo tanta pioggia caduta a catinelle (come solo a Varese la pioggia sa fare), adesso è nascosta in gran parte da casermoni e case. Com'era bella la zona, ce lo raccontano pittori risorgimentali come Gerolamo Induno o Faruffini che hanno dipinto per noi le storiche battaglie di Garibaldi con la vista delle Prealpi sullo sfondo.
Il quartier generale di Garibaldi stava sul colle di Biumo Superiore. Da lì si dominavano sia l'agglomerato di Biumo Inferiore sia la vasta campagna attraversata dalla Strada Nazionale. Si poteva curare lo spostamento delle truppe di rinforzo degli Austriaci che provenivano da Como e proteggere allo stesso tempo la popolazione civile, stretta intorno ai Garibaldini. Non altrettanto protetti si dovevano sentire gli abitanti delle poche case coloniche lungo il percorso da Biumo verso il colle di Belforte, situate nella zona di passaggio delle truppe.


Marzo 2011. La Cascina Giunta esiste ancora (foto sotto). Circondata da case e capannoni, nel cortile ospita automobili e motocicli al posto di carretti e cavalli. Rifatta a più riprese, mantiene però intatta la struttura di antico cascinale del Seicento. Era la casa dei fittavoli dei conti Biumi "aggiunta", per l'appunto, al loro castello fuori dalle porte della città. La peste nel 1630 aveva interrotto i grandiosi lavori del nuovo palazzo di cui rimane oggi solo un'ala in rovina sul colle di Belforte che dall'alto osserva il fiume di auto. Fittavoli a Cascina Giunta erano i due fratelli Rossi, gli unici sopravvissuti di una famiglia che aveva contato parecchi morti in quei mesi. Ma l'arrivo a Cascina Giunta

 fu l'inizio del benessere che accompagnò la loro discendenza per molte generazioni.

Nel vasto campo al di là della strada venne costruita una fornace di mattoni che apportò altra possibilità di lavoro all'intero parentado, ospitato nella cascina, in aggiunta al lavoro della campagna.


23-24-25 Maggio 1859
Dalla vicina Biumo arrivano notizie che tengono con il fiato sospeso.

Garibaldi è sbarcato a Sesto Calende e si sta dirigendo verso Varese.

Gli austriaci di Urban sono stati sconfitti da un battaglione dei " Cacciatori delle Alpi", a  Somma Lombardo. Garibaldi è a Varese, accolto dal Podestà e dalla popolazione festante.

Si prepara la battaglia per respingere gli Austriaci.

Ha piovuto senza sosta per giorni (il maggio varesino…) e i campi di Belforte sono quasi allagati,

ma il tempo sta per cambiare, parola del vecchio patriarca. Gli abitanti delle cascine nella vasta campagna tra Biumo e Malnate continuano a lavorare nei campi e nelle stalle. Ci sono sempre quelli che vanno a vendere prodotti al mercato del borgo, un'occasione per raccogliere informazioni su quanto sta succedendo. La bella notizia che Garibaldi sta per ricacciare Urban via da Varese, diventa una brutta faccenda per la famiglia Rossi: bisogna scappare dalle cascine e dai casolari che stanno lungo la Strada Nazionale. Le truppe nemiche occuperanno la zona e chissà, uccideranno, incendieranno…la fama di Urban, a dispetto del nome , è arrivata fino a Varese. Alla Cascina Giunta il pericolo si tocca con mano. Stanotte si lascia la cascina. Le donne preparano ceste con il cibo, e sacchi di biancheria, quello che si può portare via tenendo conto dei bambini piccoli. Gli uomini vanno e vengono per organizzare lo spostamento a Cascina Campaccio, quella che sta sopra l'Olona, a sinistra del ponte spagnolo. Lì staranno al sicuro. Almeno, saranno più lontani dalla zona di passaggio degli Austriaci. Ma chi ha detto che la notte prima della battaglia qualcuno dormì tranquillo?


È la sera del 25 maggio. Mamma Angela chiama a raccolta i figli, maschi e femmine, grandi e piccoli. E' ora di scappare. I più attivi a preparare i bagagli sono i più grandi. Luigi, il maggiore, ha una bottega da calzolaio lì nella cascina,
alterna questo lavoro a quello nei campi e alla fornace. Ma non arriva. Mamma Angela si preoccupa perché Luigi tarda, ma lui è così, si prende i suoi tempi per fare scarpe e scarponi belli resistenti; fa anche riparazioni a scarpe usate e riusate e intanto scherza con le ragazze, in particolare con una. Certo, lui ha vent'anni, anzi, ventidue; è moro, riccio, ha occhi intensi, starà chiacchierando con la scusa delle scarpe.


Luigi arriva di corsa, ha saputo della battaglia di domani mattina, e racconta quello che ha sentito. Forse gli piacerebbe raggiungere Garibaldi ma non può, c'è troppo lavoro alla cascina e i fratelli sono piccoli…

La cascina si svuota, mentre le famiglie si avviano per il sentiero che scende alla cascina Campaccio. Chissà cosa ritroveranno al ritorno, quando? Domani?

Da lontano si sentono cannonate e spari.


Alba del 26 maggio 1859. Tutto è pronto per la battaglia. Gli eserciti erano così schierati: da una parte stava il battaglione piemontese guidato da Enrico Cosenza; all'opposto, si trovava quello condotto da Giacomo Medici. Al centro, in Varese, era posto quello sotto il comando di Nicola Ardoino, assieme a Garibaldi e alle due schiere di riserva, che furono da subito utilizzate, guidate entrambe da Bixio. Il combattimento fu durissimo proprio nella castellanza di Biumo e si protrasse fino a tardo pomeriggio, quando gli Austriaci indietreggiarono fino ai pressi di Malnate, dove capitolarono. Questa la cronaca, in estrema sintesi. Alla cascina Campaccio la famiglia Rossi arriva in piena notte; donne e bambini dormono nelle cucine e gli uomini nelle stalle. Mamma Angela non riesce a dormire e intanto pensa alle cose che ha lasciato a casa. "I' ori!" Ha lasciato a casa "i'ori!" La catenina del battesimo, gli anelli di fidanzamento e i gioielli di famiglia, un bel sacchetto, i ricordi di una vita. Corre alla stalla, sveglia il marito, in verità sveglia tutti, piange e si dispera, come potrà essere perdonata. E' Luigi che salta su dal giaciglio e si offre di andare a riprenderli. E' buio, conosce la strada, quella nascosta nel boscasc, c'è ancora tempo. Piange mamma Angela, si torce le mani, ma guarda che cosa ha combinato. Luigi corre, è ancora buio, ma per poco, deve fare in fretta. Attraversa i campi, risale il pendio, echeggia uno sparo dall'alto della riva scoscesa: Luigi si accascia, centrato in pieno petto. Alla Cascina Campaccio nessuno ha sentito la fucilata, troppo lontano. Luigi non torna mentre la battaglia infuria a Biumo. Ma questo gli abitanti del Campaccio e gli improvvisati ospiti lo immaginano soltanto. Luigi si sarà dovuto nascondere, quella zona è piena di Austriaci. Arriverà appena possibile. Urban ripara verso Malnate inseguito dai Cacciatori delle Alpi, il clamore della battaglia arriva persino lì, dove stanno tutti accucciati e spaventati.

Varese è libera, suonano le campane. Alla sera del 26 maggio Emilio Visconti Venosta ringrazia la popolazione con il seguente proclama: "Il nemico è in ritirata. I Cacciatori
delle Alpi si sono battuti con un coraggio degno del Prode che li comanda e della causa che difendono. E voi avete tenuto un ammirabile contegno. Tutta la gioventù è accorsa
a prendere un fucile, a domandare la battaglia, a difendere le barricate. Ogni famiglia gareggiò nel porgere soccorsi ai combattenti e mezzi alla difesa. La Lombardia seguiterà
il vostro esempio".


Nelle stesse ore la famiglia Rossi piange il figlio Luigi, che sarà l'unico civile morto il giorno 26 maggio 1859, all'alba, come registrerà il parroco di Biumo Inferiore. Lo hanno trovato alcuni cugini che andavano a cercarlo lungo il sentiero che porta alla cascina Giunta, nel primo pomeriggio, quando giunge voce che il nemico è arretrato. Lo trovano riverso nella terra umida ai piedi delle robinie.


Marzo 2011. Ovidio Cazzola racconta. Lui è propronipote (si dice così?) di mamma Angela, figlio di Carlotta Dubini, che era nipote di Annamaria, figlia di Angela Vedani maritata con Giacomo Rossi,andata sposa alla cascina Giunta, sorella di Luigi. Abita a Belforte e ama queste zone. La mattina della battaglia di Biumo, anzi, l'alba, è un giorno di quelli che non si dimenticano, in una famiglia. Visitiamo la cascina dei suoi trisnonni, le giriamo intorno, come se volessimo soppesarla. La finestrella (foto sopra) che dà sul viale Belforte è quella da cui Luigi porgeva le scarpe ai clienti in sosta sulla strada. Chissà se davvero perdeva tempo a conversare quando si trattava di una ragazza... Dove sorgeva la fornace di famiglia, lavoranti che andavano e venivano, rumori di carri, grida di richiamo. Ora c'è il Cimitero. Con le sue mura grigie e alte e il silenzio di questi posti. Lo sguardo vaga sulla tristezza della zona: dopo la discesa ecco la valle dell'Olona, ma il fiume è nascosto dai capannoni dei negozi e dal complesso dell'Ipermercato, circondato da complicati raccordi stradali. Dietro la cascina parte il sentiero che i trisnonni, carichi di bambini e vettovaglie, imboccarono per raggiungere il Campaccio. Lo percorriamo anche noi per arrivare all'ammasso di ruderi sul pianoro che sovrasta l'Olona dell'attuale via Peschiera. Sterpaglie, robinie, rovi e i mezzi che sfrecciano veloci verso la Val Sorda.
Per anni Angela pianse e si disperò per avere "mandato a morire" così diceva lei, il povero Luigi, per una manciata di ori. Un dolore così forte che ne parlava sempre con le lacrime agli occhi, la bisnonna Annamaria, che di Luigi era la sorella minore. Anche nonna Angela non si stancava di raccontare al nipote della battaglia con gli Austriaci che avevano ucciso Luigi. Anche Carlotta ricordava di quel lutto in famiglia che aveva rattristato le vite di tante generazioni.
La croce che venne posta sul luogo dell'uccisione del giovane rimase a testimonianza del fatto per molti decenni; era di ferro battuto con un basamento in pietra. Sul lato destro della via Friuli abbiamo rinvenuto il basamento, tra le sterpaglie e i rovi, e le immondizie, grandi e piccole, che costeggiano la riva.


Ci è sembrato doveroso ricordare.
"Non esiste separazione definitiva fino a quando c'è il ricordo".
Isabel Allende, Paula, 1995


16/03/2011
Margherita Giromini, Ovidio Cazzola  redazione@varesenews.it


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